I segnali di allarme
I
segnali di allarme, che operano in modo automatico possono essere così riassunti:
l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni;
l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie nei confronti del Fisco e dell’Inps nelle soglie previste dal nuovo articolo 25-novies, comma 1, del Codice della Crisi.
Tra le novità apportate, una delle più importanti è l’introduzione di una sorta di automatismo del funzionamento dei segnali di allerta.
Dette segnalazioni, provengono sia dall’interno, con responsabilità dell’organo di controllo, che dall’esterno, da parte di creditori pubblici qualificati e banche.
Per quanto riguarda i creditori pubblici qualificati, viene previsto che l’Inps, l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione segnalino all’imprenditore e, ove esistente, all’organo di controllo tramite pec o, in mancanza, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, inviata all’indirizzo risultante dall’anagrafe tributaria, le seguenti informazioni:
- per l’Inps, il ritardo di oltre novanta giorni nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore:
1) per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati, al 30 per cento di quelli dovuti nell’anno precedente e all’importo di euro 15.000,00;
2) per le imprese senza lavoratori subordinati e parasubordinati, all’importo di euro 5.000,00;
- per l’Agenzia delle entrate, l’esistenza di un debito scaduto e non versato relativo all’imposta sul valore aggiunto, risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni superiore all’importo di euro 5.000,00;
- per l’Agenzia delle entrate-Riscossione, l’esistenza di crediti affidati per la riscossione, autodichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre novanta giorni, superiori, per le imprese individuali, all’importo di euro 100.000,00, per le società di persone, all’importo di euro 200.000,00 e, per le altre società, all’importo di euro 500.000,00.
Le segnalazioni sono inviate:
- dall’Agenzia delle entrate, entro sessanta giorni dal termine di presentazione delle liquidazioni periodiche;
- dall’Inps, entro sessanta giorni decorrenti dal verificarsi delle condizioni o dal superamento degli importi indicati in precedenza.
Tali disposizioni si applicano, per l’Inps, in relazione ai debiti accertati a decorrere dal 1° gennaio 2022; per l’Agenzia delle entrate, in relazione ai debiti risultanti dalle comunicazioni periodiche relative al primo trimestre dell’anno 2022;
- per l’Agenzia delle entrate-Riscossione, in relazione ai carichi affidati all’agente della riscossione a decorrere dal 1° luglio 2022.
La segnalazione contiene l’invito a richiedere la composizione negoziata di cui all’art. 2 del D.L. 118/2021, se ne ricorrono i presupposti.
Spetterà, quindi, agli organi interni e di controllo apprezzare e considerare la rilevanza di tale avviso.
L’allerta esterna avverte di fatto l’imprenditore per attivarsi in modo tempestivo facendo leva sulle possibili responsabilità prospettiche degli organi societari.
L’obbligo degli assetti adeguati contenuto nell’art. 2086, 2° comma, c.c. pone a carico degli amministratori l’onere di attivarsi prontamente al fine di adottare e attuare uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per superare la crisi e recuperare la continuità aziendale.
Di conseguenza, il dovere di attivazione in capo agli amministratori non è più riferibile solamente alla perdita del capitale sociale e quindi ad un momento in cui si sono già verificati gli effetti con un approccio a ritroso, ma è anteriore a questo momento.
Il legislatore della riforma impone anche attraverso la nozione di continuità aziendale una visione previsionale che si concretizza attraverso l’esame prospettico dei flussi di cassa necessari per far fronte alle obbligazioni pianificate.
Per quanto attiene alla responsabilità degli amministratori, vi è una novità rilevante rappresentata dalla nuova formulazione dell’art. 2476 del c.c., che espone gli amministratori ad una responsabilità illimitata.
Il nuovo 6° comma dell’art. 2476 sancisce infatti che “gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale”.
Di conseguenza, l’amministratore sarà chiamato a rispondere con il proprio patrimonio nei confronti dei creditori sociali nell’eventualità in cui il patrimonio della società risulti insufficiente a soddisfare le pretese creditorie.
Gli amministratori, pertanto, attraverso un efficace controllo di gestione, devono avere la capacità di individuare tempestivamente ed in anticipo i segnali di crisi e risolverli anche facendo ricorso a misure di ristrutturazione.
Soltanto qualora l’amministratore riesca a dimostrare di aver messo in atto tutte le misure finalizzate al superamento della crisi, potrà essere esonerato da responsabilità civili e penali.
Al contrario, la mancata pronta attivazione dell’amministratore, tale da compromettere in modo rilevante le prospettive di ordinata uscita dalla crisi, può configurarsi come violazione del dovere di attivarsi senza indugio di cui all’articolo 2086 c.c., ovvero come grave irregolarità ai sensi dell’art. 2409 c.c..