Circolare Informativa: AGGIORNAMENTI FISCALITA'

OGGETTO: AGGIORNAMENTI FISCALITA’

  • Nuova misura del saggio interessi legali
  • Esportatori abituali: semplificazioni dal 2020
  • Cessioni “a catena” Intracee

NUOVA MISURA SAGGIO INTERESSI LEGALI

Con il D.M. 12.12.2019 il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha definito il nuovo tasso di interesse legale.
Dal 01.01.2020 la misura degli interessi legali sarà pari allo 0,05%, in netta diminuzione rispetto all’attuale 0,8%.

La riduzione, come di consueto, determina una serie di conseguenze sul piano fiscale e contributivo.
L’effetto più importante riguarda il calcolo delle somme da pagare in seguito al ravvedimento operoso ex art. 13 del DLgs. 472/97. In questo caso, infatti, il tasso legale da applicare è quello in vigore nei singoli periodi, secondo un criterio di pro rata temporis, ed è quindi pari allo 0,8% fino al 31 dicembre 2019 e allo 0,05% dal 1° gennaio 2020 fino al giorno di versamento compreso.
Ancora, la nuova misura del tasso legale rileva per il calcolo degli interessi, non determinati per iscritto, in relazione:
- ai capitali dati a mutuo (art. 45 comma 2 del TUIR);
- agli interessi che concorrono alla formazione del reddito d’impresa (art. 89 comma 5 del TUIR).
Sul fronte delle imposte indirette, un successivo decreto adeguerà al nuovo tasso i coefficienti per determinare il valore, ai fini delle imposte di registro, ipotecaria, catastale, di successione e donazione:
- delle rendite perpetue o a tempo indeterminato;
- delle rendite o pensioni a tempo determinato;
- delle rendite e delle pensioni vitalizie;
- dei diritti di usufrutto a vita.

Effetto anche sul versante contributivo: ai fini contributivi il tasso di interesse legale ha effetto, in particolare, sulle sanzioni civili previste per l’omesso o ritardato versamento di contributi previdenziali e assistenziali, ai sensi dell’art. 116 della L. n. 388/2000.

ESPORTATORI ABITUALI: SEMPLIFICAZIONI DAL 2020

Importanti e attese novità per gli esportatori abituali che, per evitare di ritrovarsi cronicamente a credito, manifestano la loro volontà di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti e/o importazioni senza applicazione dell'Iva, attraverso la trasmissione delle dichiarazioni di intento.
Il decreto Crescita ha modificato infatti l'impianto normativo prevedendo l'abolizione di alcune previsioni divenute anacronistiche, almeno dopo il 1.01.2015 e cioè dopo l'entrata in vigore dell'obbligo d'invio telematico delle dichiarazioni all'Agenzia delle Entrate.
Dal 01.01.2020 quindi, per gli esportatori abituali, è stato abrogato l'obbligo di consegnare al fornitore, ovvero alla Dogana, la dichiarazione di intento e la ricevuta di presentazione rilasciata dall'Agenzia delle Entrate (così come era previsto dall'art. 1, c. 1, lett. c) D.L. 746/1983). La consegna della dichiarazione da parte dell'esportatore rimarrà comunque opportuna perché sul fornitore permane l'onere di verificare l'avvenuta presentazione all'Agenzia delle Entrate della dichiarazione d'intento (tramite banca dati o Fisconline / Entratel), ma soprattutto perché è stato introdotto l'obbligo di indicare il protocollo di ricezione della dichiarazione sulla fattura emessa in base ad essa ovvero sulla dichiarazione doganale (attualmente devono essere riportati gli estremi della dichiarazione di intento).
È stato poi soppresso l'obbligo di numerare progressivamente le dichiarazioni di intento, di annotarle in un registro e conservarle ai sensi dell'art. 39 D.P.R. 633/1972. Facilitazione che riguarda sia l'esportatore abituale che il fornitore. I fornitori non saranno più tenuti nemmeno a indicare il protocollo delle dichiarazioni ricevute in apposito quadro della dichiarazione Iva.
Il trattamento sanzionatorio invece è stato inasprito: non più sanzioni in misure fissa, ma si ritorna alle sanzioni proporzionali. Il decreto Crescita modifica, infatti, l'art. 7, c. 3 D.Lgs. 18.12.1997, n. 471, prevedendo che chi effettua operazioni senza addebito d'imposta, in mancanza della dichiarazione d'intento, è punito con la sanzione amministrativa dal 100% al 200% dell'imposta, fermo restando l'obbligo del pagamento del tributo. Perplessità sull'inciso della norma secondo cui, “qualora la dichiarazione sia stata rilasciata in mancanza dei presupposti richiesti dalla legge, dell'omesso pagamento del tributo rispondono esclusivamente i cessionari, i committenti e gli importatori che hanno rilasciato la dichiarazione stessa”. Sembra, quindi, che la sanzioni spetti, e sempre nella stessa misura, sia quando la dichiarazione esiste ma il fornitore non si è accertato sulla sua effettiva trasmissione, sia quando la fattura emessa non riporta il protocollo di ricezione.

CESSIONI “A CATENA” INTRACEE

Tra le linee di intervento per migliorare l’attuale sistema dell’Iva comunitaria sono comprese le modifiche apportate alla Direttiva 2006/112/Ue dalla Direttiva Ue 2018/1910 del 4 dicembre 2018 in tema di transazioni a catena.
Le operazioni a catena si riferiscono a cessioni successive di beni che sono oggetto di un unico trasporto intracomunitario. Al fine di evitare approcci diversi tra gli Stati membri, che possono avere come conseguenza la doppia imposizione (o la non imposizione) e, al fine di accrescere la certezza del diritto per gli operatori, viene stabilita una norma comune secondo cui, purché siano soddisfatte determinate condizioni, il trasporto dei beni dovrebbe essere imputato a una sola cessione all'interno della catena di operazioni.

A valere dal 1° gennaio 2020, pertanto, è inserito l’articolo 36-bis Direttiva 2006/112/CE che, al paragrafo 1, dispone quanto segue: “Qualora lo stesso bene sia successivamente ceduto e sia spedito o trasportato da uno Stato membro a un altro direttamente dal primo cedente all'ultimo acquirente nella catena, la spedizione o il trasporto sono imputati unicamente alla cessione effettuata nei confronti dell'operatore intermedio” e dunque la cessione non imponibile è quella a suo favore.
Per “operatore intermedio” s'intende un cedente all'interno della catena diverso dal primo, che spedisce o trasporta i beni esso stesso o tramite un terzo che agisce per suo conto. Secondo le note esplicative ancora in bozza (VEG 084-rev1 del 15 novembre 2019) per dimostrare il suo status di operatore intermediario, il soggetto in questione, dovrà dare prova di aver trasportato la merce per proprio conto o di aver organizzato il trasporto delle merci con terzi che agiscono per suo conto. Questa prova va distinta da quella, valutata separatamente, necessaria per beneficiare della non imponibilità Iva sulle cessioni intracomunitarie.
Affinché si applichi l'articolo 36-bis, devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:

  • sono coinvolte almeno tre persone;
  • le merci devono essere spedite o trasportate da uno Stato membro all'altro Stato membro (le transazioni a catena che coinvolgono importazioni ed esportazioni, o che riguardano solo forniture nel territorio di uno Stato membro, sono escluse dalla disposizione);
  • le merci devono essere trasportate o spedite direttamente dal primo fornitore all’ultimo cliente della catena.

    Nelle considerazioni della causa C-401/18 (citata nella bozza alle note esplicative VEG 84-rev1) nell’individuare il ruolo di operatore intermedio all’interno di una catena di approvvigionamento, il fattore cruciale è il soggetto che si assume il rischio di perdita accidentale durante il trasporto transfrontaliero delle merci.
    Tuttavia, questo criterio potrebbe portare in alcuni casi a determinate difficoltà pratiche. Ad esempio, potrebbe accadere che il rischio di perdita accidentale della merce sia ripartito tra il venditore e l’acquirente in determinati punti del trasporto secondo l’Incoterm utilizzato. In tali casi, al fine di determinare chi è l’organizzatore del trasporto, il criterio più adatto sarebbe quello del soggetto passivo all’interno della catena che trasporta le merci lui stesso o che conclude il contratto di trasporto con un terzo.
    Ciò a meno che, in tali casi, il soggetto passivo in questione riesca a dimostrare in modo soddisfacente alle autorità fiscali di aver effettuato il trasporto o concluso il contratto, per conto di un altro soggetto passivo della catena, che abbia sopportato il rischio effettivo della perdita della merce durante l’operazione di trasporto.

    Nella normativa italiana, il D.L. 331/1993 regola le operazioni intracomunitarie in triangolazione con gli articoli 38 comma 7; 40 comma 2; 44 comma 2 e 46 comma 2; le circolari 13/E/1994 e 148/E/1998 illustrano invece le possibili composizioni di operatori coinvolti nelle operazioni. La caratteristica fondamentale è il trasferimento diretto dei beni oggetto della transazione a catena.

    Così, ad esempio, la circolare 13/E/2014 tratta il caso in cui l’operatore italiano (IT) acquisti da fornitore comunitario (NL) beni provenienti da un terzo Stato membro (EL). L'operatore italiano:
    1. riceve fattura senza addebito d'imposta, con la quale il fornitore olandese lo designa espressamente quale responsabile, in sua sostituzione, del pagamento dell'imposta in Italia;
    2. integra e registra il documento nei modi stabiliti dagli articoli 46 e 47 del decreto legge;
    3. compila l’elenco riepilogativo degli acquisti, indicando a colonna 2 e 3 il codice ISO ed il numero identificativo del proprio fornitore olandese e a colonna 13 (Paese di provenienza), il codice EL (fatte salve le ipotesi di esonero dalla presentazione del modello INTRA 2-bis).

    L'operazione, da un punto di vista giuridico non costituisce acquisto intracomunitario (articolo 38 comma 7), ma cessione nello Stato, con esonero per il cedente olandese di nominare un proprio rappresentante fiscale in Italia.

    Altro esempio riguarda il caso in cui l’operatore italiano (IT) acquista dei beni da un soggetto d'imposta residente in Olanda (NL), incaricando quest'ultimo di effettuare la consegna direttamente al proprio cliente residente in Grecia (EL). IT nel rapporto con il fornitore olandese pone in essere un acquisto intracomunitario (articolo 38), mentre nel rapporto con il cliente greco effettua una cessione intracomunitaria (articolo 41).
    Egli pertanto:
  1. riceve una fattura senza imposta che deve integrare e registrare a norma degli articoli 46 e 47 DL 331/1993, senza tuttavia esporre l'Iva, a norma dell'articolo 40, comma 2;
  2. emette fattura senza Iva, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, lettera a), da annotare distintamente nel registro di cui all'articolo 23 D.P.R. 633/1972, designando espressamente sul documento il cliente greco quale responsabile, in sua sostituzione, del pagamento dell'imposta all'atto dell'arrivo dei beni in Grecia.

    Vi è una deroga nel caso in cui l’operatore intermedio comunichi, al suo cedente, il possesso di un numero identificativo Iva nel paese del cedente stesso (Stato di partenza dei beni): in tal caso il cedente fattura con l’Iva (del proprio paese) all’operatore intermedio, utilizzando il numero di identificazione comunicato, mentre l’operatore intermedio effettua una cessione non imponibile Iva nei confronti dell’acquirente finale.
    La norma recita, al paragrafo 2 dell’articolo 36-bis, Direttiva 2006/112/CE, quanto segue: “In deroga al paragrafo 1, la spedizione o il trasporto sono imputati unicamente alla cessione di beni effettuata dall'operatore intermedio se quest'ultimo ha comunicato al cedente il numero di identificazione Iva attribuitogli dallo Stato membro a partire dal quale i beni sono spediti o trasportati”.


    Per CDA Studio Legale Tributario
    Vladimiro Boldi Cotti

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