AGGIORNAMENTI FISCALITA’

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DEDUZIONE COMPENSO AVVOCATO

Attraverso la sentenza n. 23855 del 25/09/2019, la Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di deducibilità delle spese legali, da parte delle società di capitali. La sentenza in oggetto contribuisce ad arricchire un filone giurisprudenziale volto a confermare un’interpretazione letterale dell’Articolo 109 del Testo unico delle imposte sui redditi e ad utilizzare il principio civilistico della post-numerazione per delineare con maggiore chiarezza l’esercizio nel quale le suddette spese concorrono a formare il reddito.

Il disposto dell’articolo 109 del Tuir 1° comma stabilisce che, salvo deroghe, le spese e gli altri componenti negativi concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza. Per la determinazione della competenza, il 2° comma del medesimo articolo chiarisce che le spese per l’acquisizione di servizi, ad esclusione di quelle riconducibili a contratti da cui derivano corrispettivi periodici, si considerano sostenute, e pertanto deducibili, alla data in cui le prestazioni sono ultimate. Il momento di emissione della fattura o di effettuazione del pagamento non assumono perciò nessun rilievo, così come chiarito dalla Suprema Corte con sentenza n. 27296 del 23/12/2014.

Al fine di identificare con precisione il momento in cui una prestazione è da considerarsi ultimata, e perciò deducibile, è necessario ricordare che nel nostro ordinamento vige il principio della post-numerazione, secondo il quale il diritto alla remunerazione per il professionista, e di riflesso l’obbligo giuridico al sostenimento dell’onere in capo al committente, sorge soltanto dopo che sia stata posta in essere “una prestazione tecnicamente idonea a raggiungere il risultato a cui la prestazione è diretta” così come da sentenza n. 24046 del 10/11/2006 della Corte di Cassazione. Con particolare riferimento poi alle prestazioni professionali a carattere difensivo svolte da avvocati, la recente sentenza n. 23855 del 25/09/2019 della Corte di Cassazione, confermando la giurisprudenza più attuale, ribadisce che nella valutazione dell’esaurimento di una prestazione difensiva sia necessario rapportare l’unitarietà della stessa ai singoli gradi in cui si è svolto il giudizio. Perciò tale prestazione può considerarsi conclusa solo al momento della pronuncia che chiude ciascun grado.

A cura di Simone Mortari

DEDUCIBILITA’ PERDITE SU CREDITI



Nella risposta n. 197 del 18 giugno 2019 ad un’istanza di interpello, l’Agenzia delle Entrate rileva che, in tema di perdite su crediti, il comma 5 dell’articolo 101 del TUIR stabilisce come regola generale che tali perdite sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e che quest’ ultimi “sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto”.
Inoltre la circolare n. 39/E del 10 maggio 2002 ha precisato che “è necessario valutare attentamente gli elementi certi e precisi in funzione dei quali può essere riconosciuta la deduzione delle perdite dal reddito d’impresa” e che, “nel caso di crediti vantati nei confronti di debitori non residenti, ai fini della deduzione delle perdite, allo stesso modo che per i crediti vantati nei confronti di soggetti residenti, si dovrà dimostrare la definitività della perdita del credito, conformemente agli strumenti giuridici previsti nello Stato del debitore, ove non si possa ricorrere alle dichiarazioni di insolvenza dei debitori stranieri emesse dalla SACE (Istituto per i servizi assicurativi del Commercio estero)”.
Vi è poi la circolare n. 26 del 1 agosto 2013 che ha chiarito che “la prescrizione del diritto di esecuzione del credito iscritto nel bilancio del creditore ha come effetto quello di cristallizzare la perdita emersa e di renderla definitiva”. Inoltre, “resta salvo il potere dell’Amministrazione di contestare che l’inattività del creditore abbia corrisposto ad una effettiva volontà liberale”.
Ciò significa che la prescrizione del credito è un elemento certo e preciso che consente la deduzione, ma il creditore non deve avere, quando cerca di riscuotere i suoi crediti, una condotta liberale (cioè che rechi vantaggio) nei confronti del debitore. 
Nel caso contenuto nella risposta all’interpello sopra citata, la società creditrice, pur effettuando numerosi incontri e solleciti per l’incasso dei crediti insoluti aventi natura commerciale (vantati nei confronti di società estere), non ha operato comportamenti rilevanti volti all’interruzione della prescrizione.  
In conclusione, per l’Agenzia delle Entrate, questa condotta porta alla non deducibilità delle perdite su crediti.

A cura di Nicola Capra

NUOVI CRITERI IDENTIFICATIVI DELLE SOCIETA’ FINANZIARIE

Il D. Lgs. 142/2018, più noto come “decreto Atad”, ha introdotto rilevanti novità all’interno del nostro ordinamento. In particolare, per quanto riguarda le holding industriali, è sancito il criterio con cui verificare la prevalenza delle assunzioni di partecipazioni in società diverse dagli intermediari finanziari. Per effetto di queste modifiche si è estesa la platea delle holding industriali tenute alla comunicazione dei rapporti con l’Anagrafe tributaria.
Il legislatore ha recepito, all’interno dell’art. 162-bis Tuir, la definizione dei presupposti al ricorrere dei quali l’attività di detenzione o gestione dei proventi finanziari è considerata prevalente. Si distinguono infatti i soggetti che svolgono attività finanziaria in quattro categorie:

  1. intermediari finanziari in senso stretto,
  2. holding finanziarie,
  3. holding non finanziarie,
  4. soggetti assimilati alle società di partecipazione non finanziaria.

Alla lettera c) del citato articolo sono definite come società di partecipazione non finanziaria (c.d. holding industriali) i soggetti che:

  • Esercitano in via esclusiva prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari;
  • Svolgono attività che non configurano operatività nei confronti del pubblico, in relazione ai quali, peraltro, la relazione illustrativa aggiunge che deve trattarsi di soggetti inclusi in un gruppo di soggetti che svolgono prevalentemente attività di tipo industriale e commerciale.

La prevalenza nell’assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari sussiste quando: “in base ai dati del bilancio approvato relativo all’ultimo esercizio chiuso, l’ammontare complessivo delle partecipazioni in detti soggetti e altri elementi patrimoniali intercorrenti con i medesimi, unitariamente considerati, sia superiore al 50% del totale dell’attivo patrimoniale”.

Per quanto concerne gli elementi dell’attivo da considerare nel calcolo della “prevalenza” è stato precisato che:

  • Non devono essere comprese le attività derivanti da rapporti commerciali con le società partecipate
  • Devono essere inclusi gli impegni ad erogare fondi e le garanzie rilasciate.

Tali soggetti non sono tenuti ad adottare gli schemi di bilancio propri dei soggetti appartenenti al settore finanziario di cui al D. Lgs. 136/2015, bensì devono redigere il bilancio con le regole del Codice Civile.
Tali soggetti, poi, devono effettuare le comunicazioni mensili e quella annuale all’Anagrafe tributaria qualora, anche solo da quest’ultimo bilancio approvato, risulti soddisfatto il nuovo parametro patrimoniale, riferite ai rapporti finanziari intercorrenti con le proprie società.

  • Se si ha la prevalenza, entro 30 giorni dalla data di approvazione del bilancio, occorre iscriversi al SID e al REI dell’Agenzia delle Entrate (per l’iscrizione è necessario che la holding abbia un proprio Entratel o Fisconline ed al momento dell’iscrizione deve comunicare la PEC).
  • La prima comunicazione dei rapporti finanziari deve essere effettuata entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello dell’iscrizione al SID.

Come specificato dalla circolare di Assoholding n.6/2010, l’obbligo comunicativo non sorge fino a che non emerge il momento generatore, e quindi fino a che non viene deliberato l’ultimo bilancio.
I principali rapporti da comunicare per le holding sono quelli aventi ad oggetto:

  • Le partecipazioni;
  • I finanziamenti ricevuti dai soci della holding e quelli effettuati dalla holding alle società partecipate;
  • I prestiti obbligazionari, sia quelli emessi dalla holding e sottoscritti da terzi, sia quelli emessi dalle partecipate o da terzi e sottoscritti dalle holding medesime;
  • Il cash pooling;
  • Il rilascio di garanzie a terzi a favore di società partecipate ed il rilascio di garanzie da parte di terzi nell’interesse della holding a favore dell’intermediario presso cui viene acceso il rapporto di finanziamento.

In aggiunta alla comunicazione mensile è prevista una comunicazione da effettuare annualmente, entro il 15.02 di ogni anno, utilizzando l’infrastruttura SiD (sistema di interscambio dati).
La circolare n.16 del 24.07.2019 di Assonime, evidenzia inoltre un ulteriore aspetto attinente al caso della società che, pur qualificandosi come partecipazione non finanziaria per via del superamento del test patrimoniale, presenta un conto economico con ricavi per oltre 2/3 rappresentati da canoni di locazione di immobili. Qui il tema che si presenta riguarda la deduzione degli interessi passivi, ossia se in questa particolare fattispecie può trovare comunque disapplicazione la disciplina dell’articolo 96 Tuir in forza della speciale normativa di cui all’articolo 1, comma 36, L. 244/2007.
La disamina compiuta da Assonime conclude favorevolmente all’esonero in oggetto, ponendo particolare focus sulla norma (art. 162-bis, comma 1 n.2 lett. c Tuir) che assimila alle holding di partecipazione non finanziaria i soggetti che svolgono talune attività di natura finanziaria (art. 3 D.M. 53/2015).

A cura di Laura Beschi

SCONTO IN FATTURA E CESSIONE DEL CREDITO PER RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA

Antefatto
Mediante la Risposta all’Istanza di Interpello n. 415 del 15 ottobre 2019, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, nel caso in cui una società sostenga spese per interventi di riqualificazione energetica per le quali maturano il diritto alle detrazioni, le quali saranno imputate per trasparenza pro quota ai soci, questi ultimi non potranno cedere il credito alla società stessa.
In alternativa i soggetti aventi diritto alle detrazioni per gli interventi di risparmio energetico qualificato e di sisma bonus possono optare per uno sconto, pari all’importo detraibile, anticipato in fattura da chi esegue i lavori.

Sconto in fattura 
Come dianzi anticipato, il contribuente può ricevere un contributo sotto forma di sconto in fattura per la detrazione relativa agli interventi di risparmio energetico qualificato, di cui all’articolo 14 D.L. 63/2013 e di riduzione del rischio sismico, di cui all’articolo 16 D.L. 63/2013. La platea di contribuenti che può usufruire dello sconto in fattura è limitato, in quanto il contributo non è ammissibile per gli interventi di risparmio energetico non qualificato.
L’articolo 10 commi 1 e 2 del Decreto Legge n. 34 del 2019 prevede che l’importo dello sconto corrisponde alla detrazione dall’imposta lorda, comprensiva di tutte le spese sostenute nel periodo d’imposta, anche dell’anticipo al fornitore che ha effettuato i lavori.
I soggetti che possono beneficiare del contributo devono comunicare di aver optato per lo sconto entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello del sostenimento delle spese che danno diritto alla detrazione.
Il fornitore che ha applicato lo sconto può recuperare la somma sotto forma di credito d’imposta da utilizzare esclusivamente in compensazione con modello F24 in cinque quote annuali di pari importo, a partire dal giorno 10 del mese successivo della comunicazione della scelta.
Nel caso in cui parte del credito non sia stata compensata nell’anno, essa può essere utilizzata negli anni successivi, ma non può essere chiesta a rimborso.

Cessione del credito
In alternativa alla compensazione del credito, il fornitore può cedere il credito d’imposta ai propri fornitori sia diretti sia indiretti di beni e servizi. 
Inoltre il cessionario del credito può utilizzare il credito in compensazione alle medesime condizioni applicate al cedente, mentre non può più cederlo a sua volta.
Nel caso in cui il soggetto che sostiene la spesa sia considerato fiscalmente incapiente, ovvero ha un’imposta dovuta inferiore alla detrazione spettante, la cessione del credito può essere disposta o a favore dei fornitori dei beni e servizi necessari per la realizzazione degli interventi o di istituti di credito o di intermediari finanziari o di altri soggetti privati, ossia soggetti diversi dai fornitori sempreché collegati al rapporto che ha dato origine alla detrazione. 
Diversamente, ovvero nel caso di contribuente capiente dal punto di vista fiscale, la cessione del credito può essere eseguita solamente o verso i fornitori che hanno effettuato gli interventi o ad altri soggetti privati. 
Qualora la detrazione riguardi interventi di riqualificazione energetica su parti comuni degli edifici condominiali, il singolo condòmino può optare per la cessione del credito corrispondente alla detrazione ai fornitori o ad altri soggetti privati, con facoltà di successiva cessione del medesimo credito. In questo caso per soggetti privati si intendono o i titolari delle detrazioni per i medesimi interventi condominiali o, nel caso in cui i lavori vengano effettuati da soggetti societari appartenenti a un gruppo, nei confronti di società appartenenti al gruppo stesso. 
I contribuenti devono comunicare, entro il 28 febbraio dell'anno successivo a quello di sostenimento della spesa, i dettagli della cessione nell'area riservata del sito dell'Agenzia delle entrate.

Riflessioni conclusive

A differenza della cessione, lo sconto viene praticato immediatamente, senza attendere che il credito ceduto sia certificato e diventi disponibile nei cassetti fiscali del cedente e del cessionario.  Nonostante ciò, nel caso in cui la detrazione sia revocata, l’impresa perderebbe una somma pari allo sconto praticato.
L’Agenzia delle Entrate, tramite la Risposta all’Istanza di Interpello n. 415 del 15 ottobre 2019, ha specificato che il collegamento necessario ai fini della cedibilità del credito si sostanzia nel rapporto che ha dato origine alla detrazione, allo scopo di evitare che le cessioni dei crediti si trasformino de facto in strumenti finanziari negoziabili con conseguenti impatti negativi sui saldi di finanza pubblica.
Nella fattispecie in esame l’Agenzia ritiene che i soci ai quali la società istante ha imputato per trasparenza la detrazione derivante da spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica, non possano cedere il credito corrispondente alla società in quanto tale facoltà non è disciplinata da alcuna normativa.

A cura di Federico Zambello

NOTE DI CREDITO SU PROCEDURE INFRUTTOSE

L’Agenzia delle entrate, con la risposta all' interpello n. 328 del 2 agosto 2019 ha specificato la modalità di funzionamento delle variazioni “in diminuzione” dell’Iva subordinandole alla conclusione infruttuosa di procedure concorsuali oppure esecutive individuali.
L'esercizio delle variazioni in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta ha natura facoltativa e comporta che il cedente abbia il diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla detrazione in presenza della ragionevole certezza dell'incapienza del patrimonio del debitore.
Perché il contribuente possa beneficiare del diritto alla variazione IVA devono verificarsi determinate condizioni:

  • deve aver avuto inizio una procedura, ovvero deve essere stato posto in essere almeno, il primo atto tipico (rispettivamente, sentenza dichiarativa del fallimento o pignoramento) con il quale la stessa si instaura;
  • la procedura deve essere stata conclusa infruttuosamente, vale a dire:
  • per ciò che attiene al fallimento, deve essere scaduto il termine per le osservazioni al piano di riparto stabilito con decreto dal giudice delegato, ovvero in assenza del piano riparto, deve essere scaduto quello per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso;
  • per quanto riguarda le procedure esecutive non concorsuali, deve risultare accertata e documentata dagli organi della procedura l’insussistenza di beni da assoggettare all’esecuzione.
    La chiusura della procedura esecutiva individuale consente, in linea generale, l’emissione di una nota di variazione per la parte del credito rimasta insoddisfatta. Tale previsione, deve tuttavia coordinarsi con l’eventuale fallimento del creditore esecutato.
Nessun dubbio si pone laddove il fallimento – e la contestuale apertura della procedura collettiva che esso sottende – avvenga in un momento non solo successivo alla chiusura della procedura esecutiva individuale, ma anche all’emissione delle note di variazione in diminuzione con relative annotazioni nei registri IVA che la stessa consente. In questo caso, la variazione in diminuzione operata risulta corretta e l’insinuazione nel passivo fallimentare rileva, nei limiti di quanto eventualmente percepito in ragione della stessa, per successive variazioni in aumento.
Medesima conclusione non può trarsi qualora l’apertura del fallimento e l’insinuazione al passivo siano avvenute prima dell’emissione delle note di variazione. In tale eventualità, infatti, l’instaurarsi della procedura concorsuale che coinvolge l’intero patrimonio del cessionario debitore impone, al fine di valutare la sua fruttuosità, di attenderne l’esito, potendo, in ipotesi, la procedura collettiva risultare in tutto od in parte fruttuosa anche per il creditore individuale rimasto prima insoddisfatto.

A cura di Paola Sella

PROVA DELLE CESSIONI INTRACOMUNITARIE DAL 2020


La cessione di beni a clienti comunitari è fatturata senza Iva, come “operazione non imponibile” articolo 41 D.L. 331/1993, in presenza dei seguenti presupposti:

  • onerosità dell’operazione;
  • acquisizione o trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni;
  • status di operatore economico del cedente nazionale e del cessionario comunitario;
  • effettiva movimentazione del bene dall’Italia ad un altro Stato membro dell’Ue, indipendentemente dal fatto che il trasporto o la spedizione avvengano a cura del cedente, del cessionario o di terzi per loro conto.

Il trasferimento deve essere provato, ma come? Il nuovo art. 45-bis della Direttiva 2006/112/CE, introdotto nel Regolamento UE 282/2011 che si applicherà a decorrere dal 01/01/2020, stabilisce quali debbano essere le prove attraverso le quali si possa presumere che i beni siano trasportati o spediti dal Territorio di uno Stato membro ad un altro. Vengono previsti due gruppi di prove, accettati come elementi di prova della spedizione o del trasporto.Elementi di prova di cui alla lettera a):

  • documento o lettera CMR riportante la firma (si presume quella del trasportatore);
  • polizza di carico;
  • fattura di trasporto aereo;
  • fattura emessa dallo spedizioniere.

 Elementi di prova di cui alla lettera b):

  • polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento della spedizione o del trasporto dei beni;
  • documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità che confermino l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
  • ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito ei beni.

Al fine di provare l’effettivo trasferimento fisico della merce, il Regolamento prevede debbano essere fornite prove diverse a seconda di chi effettua il trasporto:

1 - I beni siano stati spediti o trasportati dal venditore o da un terzo per suo conto, il cedente deve essere in possesso di:

  • almeno due elementi di prova di cui al gruppo a) rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra,
    oppure in alternativa
  • un qualsiasi elemento di prova di cui al gruppo a) in combinazione di un elemento di prova del gruppo b) rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra

2 - I beni siano stati spediti o trasportati dall’acquirente o da un terzo per suo conto, il cedente deve essere in possesso di:

  • Una dichiarazione con il quale il cliente certifichi che la merce è giunta nel Paese di destinazione, nella quale dev’essere riportata: la data di rilascio, il nome e l’indirizzo dell’acquirente, quantità e natura dei beni, la data ed il luogo di arrivo dei beni, il numero identificativo del mezzo di trasporto solo nel caso di cessione di mezzi di trasporto, l’identificazione della persona che che accetta i beni per conto dell’acquirente. L’acquirente deve fornire la suddetta dichiarazione scritta entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione.
    oppure in alternativa
  • almeno due elementi di prova di cui al gruppo a) rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra,
    oppure
  • un qualsiasi elemento di prova di cui al gruppo a) in combinazione di un elemento di prova del gruppo b) rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra.

Si attendono chiarimento ufficiali sulla portata delle novità introdotte dal Regolamento UE soprattutto nei casi in cui tale Regolamento sia di fatto non applicabile.

Autorizzazioni necessarie per effettuare operazioni intracomunitarie
La Direttiva 2018/1910/UE del 04/12/2018 che modifica la direttiva 2006/112/CE (direttiva IVA), i cui effetti decorrono dal 01/01/2020, stabilisce che l’iscrizione del soggetto passivo nell’Archivio VIES diventi una condizione sostanziale per l’applicazione dell’esenzione anziché requisito formale. Dal 01/01/2020, in base al dettato comunitario, le operazioni a livello comunitario potranno essere poste in essere previa iscrizione al VIES da entrambi i soggetti passivi Iva chiamati ad effettuare un’operazione intracomunitaria. Eventuali operazioni intracomunitarie effettuate in assenza di iscrizione al Vies non sono da considerare comprese nel regime fiscale degli scambi intracomunitari, ma in quello ordinario nazionale. 
L’istanza per la richiesta di inclusione nella banca dati VIES potrà avvenire esclusivamente in modalità telematica.

A cura di Laura Beschi


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