AGGIORNAMENTI FISCALITA’

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Cessione box auto pertinenziale

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello 83, ha dato il parere in merito alla vendita infra-quinquennale di un box auto da parte di un soggetto non titolare di partita Iva non accompagnata alla cessione dell’abitazione principale.
Innanzitutto l’Agenzia delle Entrate identifica il vincolo pertinenziale che, da normativa civilistica, prevede due elementi: un presupposto oggettivo (la destinazione durevole e funzionale a servizio o ad ornamento che intercorre tra un bene e il bene principale) e un presupposto soggettivo (la volontà del titolare del bene principale di porre la pertinenza in un rapporto di strumentalità funzionale).
Per ciò che concerne le imposte sui redditi, l’art. 67, comma 1, lett. b) del TUIR considera come redditi diversi le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni.
Sono escluse dalla tassazione le plusvalenze che derivano dalla cessione di unità immobiliari urbane adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari. Questa esclusione è applicabile anche alle pertinenze dell’abitazione principale.
Date queste considerazioni, se la pertinenza viene ceduta unitamente all’abitazione principale, entro cinque anni dall’acquisto non genera plusvalenza e quindi non è imponibile.
Qualora, invece, la pertinenza venga ceduta separatamente dall’abitazione principale, entro cinque anni dall’acquisto, si elide il vincolo di strumentalità funzionale della pertinenza rispetto al bene principale. La plusvalenza che ne deriva, quindi viene tassata come reddito diverso.
L’Agenzia delle Entrate fa presente inoltre che è possibile optare per l’imposta sostitutiva del 20%; questa richiesta, da rivolgersi al notaio da parte della parte venditrice all’atto di cessione, riguarda sempre gli immobili acquistati da non più di cinque anni.

Cessione credito riqualificazione energetica

Come risaputo, la Legge di Bilancio 2018 ha apportato modifiche al D.L. 4 giugno 2013, n. 63, che riguardano le detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica anche in materia di cedibilità del credito.
La riqualificazione energetica di un edificio consiste nella realizzazione di opere destinate a migliorarne l’efficienza, contenendo i consumi, riducendo le emissioni di fattori inquinanti ed utilizzando quindi in maniera ottimale le risorse di energia. Pertanto i soggetti che sostengono spese per opere di riqualificazione energetica hanno diritto a recuperare parte del costo sostenuto attraverso una detrazione dall’IRPEF o dall’IRES.

A cura di Maddalena Silingardi

Gli immobili oggetto di detrazione e i relativi beneficiari
La detrazione spetta per gli interventi sopra indicati su qualsiasi fabbricato a prescindere dalla categoria catastale. Il beneficio alla detrazione è escluso, però, per i fabbricati di nuova costruzione in quanto già obbligati a disporre dei requisiti tecnici di efficienza energetica.
La detrazione compete al soggetto che materialmente sostiene la spesa e non necessariamente al proprietario dell’immobile.

Principali novità: la cessione del credito e relative modalità attuative
Tanto premesso, la legge di bilancio 2018 ha introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2018, la possibilità di cedere ad altri soggetti privati il credito (maturato anche nel corso del 2017) relativo alle spese di riqualificazione energetica.
Il legislatore ha esteso la possibilità di cedere il credito corrispondente alla detrazione spettante per tutti gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici richiamati nell’art. 14 del decreto legge n. 63 del 2013, ivi compresi quelli effettuati sulle singole unità immobiliari, confermando che il credito può essere ceduto:
- ai fornitori che hanno effettuato gli interventi nonché ad altri soggetti privati (tra i quali rientrano le società consortili e/o consorzi in primis oltre alle Energy Service Company e le Società di Servizi Energetici), con la facoltà per gli stessi di successiva cessione del credito, con esclusione delle banche e degli intermediari finanziari;
- anche alle banche e agli intermediari finanziari da parte dei soli contribuenti che ricadono nella no-tax area (ovvero generalmente quei soggetti con reddito complessivo non superiore a 8000 €).
Con riguardo alle spese sostenute dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2017 la possibilità di cedere la detrazione era in capo esclusivamente ai soggetti incapienti (contribuenti la cui imposta è stata già assorbita o azzerata da altre detrazioni e che pertanto non pagano imposte) che avevano sostenuto spese per la riqualificazione energetica di parti comuni di edifici condominiali, oppure alla generalità dei contribuenti se questi interventi consentivano un rilevante risparmio energetico ai condomini.
Per le spese sostenute dal 1° gennaio 2018, invece, ai sensi dei riformulati commi 2-ter e 2-sexies dell’art.14 del DL 63/2013, le detrazioni IRPEF/IRES spettanti per gli interventi di riqualificazione possono essere cedute sia nel caso di interventi eseguiti sulle singole unità immobiliari e non più solo sulle parti comuni degli edifici condominiali.
Gli interventi su singole unità immobiliari hanno una aliquota di detrazione pari al 50% se si tratta di: serramenti e infissi, schermature solari, caldaie a biomassa, caldaia a condensazione classe A. E’ prevista l’aliquota del 65% se i lavori riguardano: caldaie a condensazione (classe A con sistema di termoregolazione evoluto), pompe di calore, scaldacqua, coibentazione involucro, collettori solari, generatori ibridi, sistemi building automation, microgeneratori.
La detrazione (maggiorata) spetta generalmente nella misura 70% in luogo del 65% e nella misura del 75% nei casi in cui le spese siano finalizzate a migliorare la prestazione energetica invernale ed estiva conseguendo la qualità media di cui al decreto ministeriale dello sviluppo economico 26 giugno 2015.

Chiarimenti dell’Agenzia delle entrate
Le ultime circolari dell’Agenzia delle Entrate hanno chiarito che il presupposto fondamentale per la cessione del credito è il collegamento che il cessionario deve avere con l’intervento e dunque con il rapporto che ha originato il diritto all’agevolazione del cedente.
Ad esempio vi è una dipendenza tra il beneficiario della detrazione e chi effettua i lavori di riqualificazione (ossia il fornitore) e quindi soggetto legato al rapporto che ha dato origine alla agevolazione tale da fare sussistere quindi un collegamento. Quest’ultimo però non è ravvisabile nel caso in cui vi sia una donazione tra padre e figlio dell’unità immobiliare su cui sono state effettuate le opere di riqualificazione. Il mero rapporto di parentela, infatti, non ha nessuna connessione con la realizzazione dell’intervento e dunque con il diritto alla detrazione. In quest’ultimo caso quindi il credito di imposta non risulterebbe cedibile seppure vi può, comunque, essere il trasferimento della detrazione per le quote non utilizzate dal donante.
Altri casi per cui si può individuare il presupposto del collegamento sono:
- impresa che fornisce non solo materiale, ma anche somministra personale alle imprese esecutrici dei lavori di riqualificazione energetica;
- i condomini già titolari delle detrazioni per gli stessi interventi condominiali;
- le società appartenenti al gruppo (nel caso dei consorzi o società consortili) con l’impresa che ha eseguito i lavori.

A cura di Vito Volpe

Perdite su crediti ed errori contabili

L’articolo 101, comma 5, del TUIR stabilisce che le perdite su crediti (diverse da quelle deducibili ai sensi del comma 3 dell'articolo 106 cioè per gli enti creditizi e finanziari di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87) sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi come nel caso in cui il debitore è assoggettato a una delle procedure concorsuali (fallimento, concordato preventivo, amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria speciale) e questo si verifica a partire dalla data di ammissione ad una delle procedure.
Inoltre, sulla base dell’art. 13, comma 3 del decreto legislativo 147 del 14/09/15, se le perdite su crediti non vengono dedotte nel periodo d’imposta in cui il debitore è ammesso alla procedura concorsuale, possono essere deducibili nell’arco di tempo compreso tra l’esercizio in cui è avvenuta l’ammissione alla procedura (termine iniziale) e l’esercizio in cui deve avvenire la cancellazione del credito dal bilancio, ovvero, per fare l’esempio della procedura di concordato preventivo, nel periodo d’imposta in cui la procedura è stata dichiarata esecutiva (termine finale).
Nel caso in cui sia stata presentata una dichiarazione dei redditi da rettificare, poiché non si è proceduto alla deduzione della perdita su crediti all’interno del corretto periodo di competenza, occorre fare riferimento al decreto legge n. 193 del 22/10/16, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 225 del 1/12/2016. Si deve procedere, quindi, a verificare il termine entro il quale può essere presentata la dichiarazione dei redditi integrativa, tenendo in considerazione che il termine coincide con quello di decadenza previsto per l’accertamento dell’anno d’imposta a cui fa riferimento la dichiarazione da rettificare, ovvero il 31/12 del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.
Infine, per la correzione a bilancio della mancata indicazione della perdita su crediti nel conto economico, è necessario valutare le disposizioni contenute nel principio contabile OIC 29 nelle parte riguardante la correzione di errori.

A cura di Nicola Capra

Interventi di recupero edilizio e nuova comunicazione all’ENEA

La legge di bilancio dello scorso anno (legge 205/2017) ha introdotto un nuovo adempimento riguardante l’invio all’ENEA dei dati relativi agli interventi di ristrutturazione che conseguono anche il risparmio energetico, realizzati a partire dall’anno 2018.
In linea generale, oltre agli specifici interventi sul risparmio energetico che beneficiano della detrazione del 65% per la riqualificazione energetica degli edifici, rientrano ora nella comunicazione all’ENEA, anche gli interventi di ristrutturazione beneficiari del bonus fiscale del 50%, a condizione che siano svolti anche a conseguire il risparmio energetico.
Volendo semplificare, la comunicazione all’ ENEA riguarda:

  • interventi che riducano la trasmittanza di serramenti comprensivi di infissi, tra gli ambienti riscaldati con l’esterno e i vani freddi;
  • interventi per la coibentazione delle strutture opache verticali (pareti esterne) con conseguente riduzione della trasmittanza degli stessi con i vani freddi esterni e il terreno;
  • interventi di coibentazione delle strutture opache orizzontali (pavimenti) e inclinate (coperture), volti a ridurne la tramittanza con l’esterno, i vani freddi e il terreno;
  • installazione o sostituzione di impianti tecnologici come collettori solari per produzione di acqua calda sanitaria e/o riscaldamento ambienti o generatori di calore con caldaie a condensazione per riscaldamento ambienti o produzione di acqua calda;
  • sostituzione di generatori di calore con generatori di calore ad aria a condensazione ed eventuale adeguamento dell’impianto;
  • installazione di sistemi ibridi (caldaia a condensazione e pompa di calore), microcogeneratori, scaldacqua a pompe di calore, generatori di calore a biomassa, sistemi di contabilizzazione del calore negli impianti centralizzati per una pluralità di utenze, di termoregolazione, building automation e impianti fotovoltaici.

Sono da trasmettere anche i dati relativi all’acquisto di elettrodomestici ma solo se collegati ad un intervento di recupero del patrimonio edilizio iniziato a decorrere dal 1° gennaio 2017 e per i quali si fruisce del bonus mobili. L’adempimento non era operativo per la mancanza delle indicazioni su come trasmettere i dati che, solo nella giornata del 21 novembre scorso, sono state presentate sul portale dell’Enea.

Entro il 19 febbraio 2019 dovranno essere trasmessi all‘ENEA i dati per gli interventi che si sono conclusi dal 1° gennaio 2018 al 21 novembre 2018 (compreso), mentre per tutti gli altri interventi che terminano a partire dal 22 novembre 2018, l’invio dovrà avvenire entro 90 giorni dalla data di ultimazione dei lavori o del collaudo. Non rileva la data di effettuazione dei pagamenti.
Qualora il collaudo non sia necessario in considerazione del tipo di intervento svolto, la data di fine lavori può essere comprovata dalla documentazione emessa dal soggetto che ha eseguito i lavori. Non è ritenuta valida, a tal fine, una autocertificazione resa dal contribuente.

Per trasmettere i dati all’ ENEA occorre collegarsi al sito http://ristrutturazioni2018.enea.it ed autenticarsi inserendo il proprio indirizzo mail e la password, specificando se si agisce in qualità di beneficiari (utente finale che ha pagato l’intervento e che beneficerà della detrazione) o di intermediari (tecnico o amministratore).
Una volta autenticati, si potrà procedere con la compilazione della comunicazione indicando i dati anagrafici del beneficiario della detrazione fiscale, i dati dell’immobile, la descrizione dell’intervento, la verifica, l’invio e la stampa.
L’avvenuta trasmissione della comunicazione è completata con la stampa dell’intero modello su cui sono indicati la data di trasmissione e un codice identificativo dell’avvenuta trasmissione.
L'omessa trasmissione della comunicazione, è causa di decadenza dal diritto di beneficiare dell'agevolazione, sanabile con la "remissione in bonis" di cui all'art.2 comma 1 del DL 16/2012, ovvero con la comunicazione tardiva entro il termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi utile (31/10) e il versamento contestuale dell’importo minimo della sanzione di 250 euro mediante F24 senza possibilità di compensazione.

Argomento a cura di Paola Sella

La disciplina dei beni significativi Iva: interpretazione autentica

Con Circolare 12 luglio 2018, n.15, l’Agenzia delle Entrate, ha fornito chiarimenti in merito alla disciplina IVA da applicare ai “beni significativi” (elencati tassativamente nel D.M. 29 dicembre 1999: ascensori e montacarichi, infissi esterni ed interni, caldaie, videocitofoni, apparecchiature di condizionamento e riciclo dell’aria, sanitari e rubinetterie da bagno, impianti di sicurezza) in presenza di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria su immobili a prevalente destinazione abitativa privata, con particolare attenzione a:

PARTI STACCATE di beni significativi:
• in presenza di interventi di manutenzione, qualora vengano impiegati beni c.d. “significativi”, se la parte staccata del bene significativo da installare:
1. ha un’autonomia funzionale rispetto al bene stesso, il valore della “parte staccata” non va sommato a quello del bene significativo ma sono soggette allo stesso trattamento fiscale previsto per la prestazione di servizi (ad es. tapparelle, veneziane, zanzariere quando non strutturalmente integrate con gli infissi – grate alle finestre sempre);
2. è priva di una propria autonomia funzionale, la stessa deve essere considerata parte integrante del bene significativo e pertanto il valore della parte staccata deve confluire, ai fini della determinazione dell’aliquota IVA del 10%, nel valore dei beni significativi (ad es. tapparelle, veneziane, zanzariere se strutturalmente integrate con gli infissi):
• se l’intervento di manutenzione ha ad oggetto l’installazione della SOLA parte staccata, è applicabile l’IVA al 10% sul valore complessivo (manodopera + parte staccata) della prestazione di servizi anche se la parta staccata non ha un’autonomia funzionale (ad es. installazione di un bruciatore su una caldaia già installata, tutta al 10%).

Casi particolari
E’ stato chiarito quanto segue:

  • TAPPARELLE
    Le tapparelle hanno autonomia funzionale rispetto agli infissi. Il loro valore non è attratto nel valore degli infissi (beni significativi), ma è ricompreso nel valore della prestazione di servizio soggetta ad Iva con applicazione dell’aliquota nella misura del 10%.
    In sintesi: se legate strutturalmente agli infissi, il valore delle tapparelle va ricompreso in quello degli infissi. In caso contrario confluisce nella prestazione di servizio con Iva al 10%.
  • ZANZARIERE
    Le zanzariere, come le tapparelle, hanno una loro autonomia funzionale rispetto agli infissi, quindi il loro valore non assume rilievo ai fini della determinazione del limite cui applicare il 10%.
    In sintesi: se legate strutturalmente agli infissi, il valore delle zanzariere va ricompreso in quello degli stessi. In caso contrario confluisce nella prestazione di servizio con Iva al 10%.
  • GRATE DI SICUREZZA
    Le grate di sicurezza, invece, a differenza dei casi sopra citati, non possono essere considerate come parti staccate di alcun bene significativo.
    In sintesi: in un intervento di installazione degli infissi e delle grate di sicurezza, il valore delle grate non deve confluire nel valore degli infissi, ma nel valore complessivo della prestazione di servizi al 10%.

Valore dei beni significativi
Se il bene significativo:
1. è prodotto dall’installatore stesso, il valore del bene è costituito dal relativo costo di produzione comprensivo degli oneri che concorrono alla sua realizzazione (materie prime, manodopera impiegata alla sua realizzazione, costi generali di produzione, …) ad esclusione dei costi generali e amministrativi e dei costi di distribuzione;
2. è installato e venduto non dal produttore, il valore del bene non può essere inferiore al suo valore di acquisto sostenuto dall’installatore; di fatto, il Legislatore esclude dal valore del bene significativo, da considerare ai fini dell’applicazione dell’IVA, il margine aggiunto (cd mark-up) dal prestatore al costo di produzione o al costo di acquisizione; ciò che rileva è solo il costo “originario” del bene significativo sia esso di produzione ovvero di acquisizione presso terzi (no prezzo di vendita).

Modalità di fatturazione
L’artigiano o il prestatore incaricati di eseguire l’intervento devono specificare in fattura il costo che hanno sostenuto per la produzione o per l’acquisto del bene da terzi, fornendo così al committente il dato del loro “guadagno” sulla fornitura.
In particolare,

  • le prestazioni aventi per oggetto interventi di recupero del patrimonio edilizio di cui all'articolo 31, primo comma, lettere a) (i.e. manutenzione ordinaria), b) (i.e. manutenzione straordinaria), c) (i.e. interventi di restauro e di risanamento conservativo) e d) (i.e. interventi di ristrutturazione edilizia), della legge 5 agosto 1978, n. 457, realizzati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata sono soggette all'IVA con l'aliquota del 10%;
  • il bene significativo impiegato nell’ambito degli interventi anzidetti (manutenzione ordinaria e manutenzione straordinaria):
    1. resta soggetto interamente all’aliquota nella misura del 10 per cento se il suo valore non supera la metà di quello dell’intera prestazione;
    2. viceversa, se il valore del bene significativo supera tale limite, l’aliquota nella misura del 10% si applica al bene solo fino a concorrenza della differenza tra il valore complessivo dell’intervento di recupero e quello del bene significativo. Sul valore residuo del bene significativo trova applicazione l’aliquota nella misura ordinaria.

Decorrenza della disciplina
Trattandosi di disposizioni aventi natura interpretativa, le stesse hanno efficacia retroattiva.

Argomento a cura di Federico Zambello

Modello rimborso Iva TR integrabile

La risoluzione 82/E del 14 novembre 2018 emessa dall’Agenzia delle Entrate ha chiarito che è possibile presentare l’integrazione/rettifica del modello IVA TR (richiesta di rimborso o compensazione Iva trimestrale) entro il 30 aprile di ogni anno, cioè entro il termine di scadenza di invio della dichiarazione IVA annuale.
Il modello TR consente di richiedere il rimborso infrannuale IVA, dando la possibilità di utilizzare il credito dell’imposta che si è generato ogni trimestre in compensazione oppure di ottenerlo a rimborso, in presenza di determinati requisiti e nel caso in cui sia stato maturato nel trimestre un credito di importo superiore a euro 2.582,28. Si precisa che la possibilità di modificare il modello entro il termine del 30 aprile, riguarda solamente le informazioni contenute nel quadro TD che non vanno a modificare l’importo del credito, ovvero, ad esempio:
- la richiesta di esonero dalla produzione della garanzia fideiussoria;
- l’apposizione del visto di conformità;
- l’attestazione dei requisiti contributivi e patrimoniali.

Lo spostamento del limite definito nella risoluzione in oggetto è stato richiesto all’Agenzia delle Entrate dall’ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, in considerazione delle normative già emesse precedentemente sull’argomento, ovvero la risoluzione numero 99/E dell’11 novembre 2014 e la circolare 35/E del 27 ottobre 2015.
In particolare, la risoluzione 99/E 2014 definisce e amplia i termini per modificare la scelta di utilizzo dell’eccedenza del credito IVA trimestrale, dando la possibilità di passare dall’opzione dell’utilizzo in compensazione in F24 all’opzione della richiesta di rimborso, o viceversa. Nello specifico, la risoluzione concede di operare la modifica anche oltre i termini di presentazione del modello, cioè oltre all’ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento; viene messo come limite la data di presentazione effettiva della dichiarazione IVA, in modo che la dichiarazione IVA annuale contenga la corretta destinazione del credito. Viene precisato inoltre che la modifica della scelta passando da compensazione del credito a rimborso è possibile solo se il credito non è già stato usato in compensazione e, viceversa, la modifica da rimborso a compensazione è possibile nel caso in cui l’ufficio competente non abbia già validato la disposizione di pagamento.
Successivamente, la circolare 35/E del 2015, ha chiarito che è possibile presentare un nuovo modello TR oltre al termine previsto, anche per modificare le altre informazioni contenute nel quadro TD, come il presupposto per ottenere il rimborso, la richiesta di esonero dalla presentazione della garanzia, la sussistenza dei requisiti per accedere all’erogazione prioritaria. La circolare ribadisce quindi che è possibile presentare un’integrativa entro il termine dell’effettiva presentazione della dichiarazione IVA annuale, chiarendo che è possibile modificare non solo la scelta della destinazione del credito ma anche la restante parte del quadro TD. Per i dati non contenuti nel quadro TD, rimangono quindi validi i termini di presentazione del modello TR previsti.
La risoluzione 82/E del 2018, in considerazione delle normative precedenti, posticipa quindi il termine per modificare il quadro TD del modello, limitatamente al caso in cui non si muti la destinazione del credito, ponendo come nuovo limite il termine della presentazione della dichiarazione IVA; tale modifica può essere effettuata solamente se la compensazione non è ancora avvenuta e il rimborso non è ancora stato erogato. La risoluzione precisa inoltre che, anche nel caso in cui la dichiarazione IVA sia già stata presentata, non è necessario presentare una dichiarazione “correttiva nei termini”, in quanto le informazioni modificate non hanno incidenza sul contenuto della dichiarazione annuale. Infine, la risoluzione precisa che non sono previste sanzioni per l’integrazione/correzione del quadro TD, tranne nell’ipotesi in cui si proceda ad utilizzare in compensazione il credito se non è stato precedentemente apposto il visto di conformità, nel caso in cui il credito superi i 5.000 euro annui.

Argomento a cura di Francesca Fratti

Sospensione modelli F24 a rischio

Il Provvedimento del 28 agosto 2018 dà attuazione alla disposizione introdotta nella Legge di Bilancio 2018 art.1 comma 990 secondo cui, per contrastare il fenomeno delle indebite compensazioni del credito d’imposta, l'Agenzia delle Entrate può sospendere, fino a 30 giorni, l'esecuzione dei modelli F24 contenenti compensazioni che presentano profili di rischio.
Le deleghe di pagamento F24 che presentano profili a rischio vengono selezionate, in via automatizzata, per l’applicazione della procedura di sospensione, art.37 comma 49 del D.L. 223/2006, utilizzando criteri riferiti:
- alla tipologia di debiti pagati;
- alla tipologia di crediti compensati;
- alla coerenza dei dati indicati nel modello F24;
- ai dati presenti nell'Anagrafe Tributaria o resi disponibili da altri enti pubblici, relativi ai soggetti indicati nel modello F24;
- alle analoghe compensazioni effettuate in precedenza dai soggetti indicati nel modello F24;
- al pagamento di debiti iscritti a ruolo di cui art. 31 comma 1 D.L. 78/2010.

Per i modelli F24 presentati attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, viene comunicato al soggetto che ha inviato il modello F24 se la delega di pagamento viene sospesa con apposita ricevuta. Nella medesima ricevuta è indicata anche la data di fine sospensione, che non può essere maggiore di 30 giorni rispetto alla data di invio del modello F24. La sospensione riguarda l’intero contenuto del Modello F24, pertanto anche l’eventuale scarto riguarda l’intero F24, ossia tutti i pagamenti e le compensazioni in esso contenuti. A questo punto è possibile riservare il debito avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso.

Durante il periodo di sospensione:
-un eventuale saldo positivo della delega non viene addebitato sul conto indicato nel file telematico;
-può essere richiesto l’annullamento della delega di pagamento;
-i modelli F24 contenenti il pagamento dei debiti iscritti a ruolo vengono presentati esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, pena il rifiuto della delega di pagamento;
-il contribuente può inviare all’AE gli elementi informativi necessari per la finalizzazione della delega sospesa prima che siano intervenuti lo scarto o lo sblocco della delega di pagamento.

Se all’esito del controllo il credito risulta correttamente utilizzato, ovvero decorsi 30 giorni dalla data di presentazione della delega di pagamento, la delega è eseguita e le compensazioni e i versamenti sono considerati effettuati alla data indicata nel file telematico inviato: l’AE comunica con apposita ricevuta l’avvenuto perfezionamento della delega (se a saldo a zero) oppure invia richiesta di addebito sul conto indicato nel file telematico, informando il soggetto che ha trasmesso il file (se a saldo positivo). In assenza di comunicazione di scarto del modello F24 entro il periodo di sospensione, l’operazione si considera effettuata nella data indicata nel file telematico inviato.

Se in esito di verifiche effettuate l’AE rileva che il credito non è stato correttamente utilizzato, la delega di pagamento non è eseguita e le compensazioni e i versamenti non si considereranno effettuate: l’AE comunica quindi lo scarto del modello F24 al soggetto che ha inviato il file telematico, tramite apposita ricevuta, indicandone la relativa motivazione.

La disposizione ha effetto a decorrere dal 29 ottobre 2018.

Argomento a cura di Serena Pasquali

Estinzione libretti al portatore entro il 31/12/2018

Entro il 31 dicembre 2018 i libretti al portatore, bancari e postali, ovvero i libretti non nominativi e quindi non riconducibili ad alcun soggetto specifico, dovranno essere estinti.
Con il comunicato stampa n.187 pubblicato il 22 novembre 2018, il MEF indica che l’obbligo di estinzione è previsto dall’art.49 del decreto legislativo 231/2007 contenente misure di contrasto al riciclaggio di proventi derivanti da attività criminose e al finanziamento del terrorismo.
Già a decorrere dal 4 luglio 2017, data in cui entrò in vigore il decreto legislativo 90/2017 sull’attuazione della IV direttiva UE Antiriciclaggio, banche e Poste italiane devono emettere esclusivamente libretti di deposito nominativi ed è vietato il trasferimento di libretti bancari e postali al portatore.
Oltre a quest’ultimo divieto, il Dipartimento del Tesoro, nella FAQ n.6 pubblicata il 3 ottobre 2017, ha precisato che a decorrere dal 4 luglio 2017, le banche e Poste italiane sono tenute a richiamare il portatore all’obbligo di estinzione del libretto. Inoltre, nel periodo transitorio tra l’entrata in vigore della norma e il termine ultimo per l’estinzione dei suddetti libretti (4 luglio 2017-31 dicembre 2018) la soglia massima del saldo dei libretti al portatore è di € 3.000.
Durante il periodo transitorio, banche e Poste italiane sono tenute a monitorare le operazioni effettuate sui libretti al portatore esistenti secondo quanto previsto all’art.35 del decreto legislativo 231/2007 al fine di agevolare l’individuazione delle operazioni sospette.
Il portatore deve presentarsi entro il 31 dicembre 2018 agli sportelli della banca o di Poste italiane Spa che hanno emesso il libretto per scegliere una delle tre modalità di estinzione:
-convertire il libretto al portatore in uno di risparmio nominativo;
-trasferire l’importo complessivo del saldo del libretto su un conto corrente o su un altro strumento di risparmio nominativo;
-chiedere la liquidazione in contanti del saldo del libretto.
Dopo questa data i libretti al portatore saranno inutilizzabili, ciò significa che banche e Poste italiane non potranno dar seguito a richieste di movimentazioni sui predetti libretti e, fermo restando l’obbligo di liquidazione del saldo del libretto a favore del portatore, saranno obbligate ad effettuare una comunicazione al MEF, che applicherà al portatore “fuori tempo massimo” una sanzione amministrativa da 250 a 500 euro.
La riforma realizzata con il Decreto legislativo 90/2017 ha introdotto, all'art.68 del decreto legislativo 231/2007, l’istituto del pagamento della sanzione in misura ridotta: prima della scadenza del termine previsto per l’impugnazione del decreto sanzionatorio, il destinatario di suddetto decreto può chiedere al Ministero dell’Economia e delle finanze il pagamento della sanzione in misura ridotta, pari a un terzo della sanzione irrogata, qualora il destinatario del decreto sanzionatorio non si sia avvalso della stessa facoltà nei cinque anni precedenti. Il Ministero dell’Economia e delle finanze, nei 30 giorni successivi al ricevimento dell’istanza da parte dell’interessato, comunica a quest’ultimo il provvedimento di accoglimento o di rigetto dell’istanza, indicando l’importo dovuto e il metodo di pagamento da effettuare. Il pagamento in misura ridotta deve essere effettuato entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento: fino a tale data, restano sospesi i termini di impugnazione del decreto sanzionatorio innanzi all’autorità giudiziaria. Il mancato rispetto dei termini e modalità di pagamento obbliga il destinatario del decreto sanzionatorio al pagamento per intero della sanzione originariamente irrogata dall’amministrazione.

Argomento a cura di Serena Pasquali

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